Il GRIDO (Il Blog su Roccalumera e... non solo)

martedì 28 settembre 2010

SI E' SPENTO IERI NOTTE MIO ZIO GINO CONDELLI. VIVEVA NEGLI STATI UNITI D'AMERICA

Gino Condelli, mio zio, è volato alla Casa del Padre. Lascia vedova mia zia Concettina Bonarrigo, sorela di mio padre. In famiglia, lo chiamavamo affettuosamente "U ZIU CALABRISI", per le sue origini di nascita. Eugenio (Gino) Condelli, un uomo di indole buona, faceva il sarto nel New Jersey assieme alla moglie. Ormai anziano, ammalato, negli ultimi anni non si era più potuto sobbarcare nel solito viaggio per le ferie d'estate in Sicilia. A Roccalumera. Pur nella tristezza, lo, voglio ricordare così com'era: semplice ed umile lavoratore. Addio zio, che Dio ti accolga in Paradiso!

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venerdì 3 settembre 2010

"ROCCALUMERA IN FESTA!". La Madonna della Catena in processione tra la gente.







La devozione alla B.V. Maria, venerata sotto il titolo glorioso di Madonna della Catena, ebbe origine in Sicilia, in Palermo, sulla fine del secolo XIV, da un prodigio di cui parlano noti storici come il Mongitore e il Pirri nei loro scritti.
Regnando in Sicilia il giovane Re Martino ch’ebbe in moglie la Regina Maria d’Aragona ed ebbe il governo della grande Isola dal 1391 al 1409, furono in Palermo condannati a morte tre infelici giovani. La storia non ne fa il nome. Erano già avviati presso la grande piazza della marina dove doveva aver luogo la tragica esecuzione, quando la Vergine benedetta, sia perché fossero innocenti sia perché avessero fatto ricorso a lei, venne loro in aiuto.

Nel cielo prima sereno improvvisamente sorse un temporale sì spaventoso con vento e tale scroscio di pioggia, che il popolo accorso, sgombrò in un istante; le guardie con i carnefici si dovettero rifugiare in una chiesetta, detta di S. Maria del Porto, aspettando che terminasse la bufera. Durò invece la burrasca tutta la giornata per cui fu giocoforza rimandare l’esecuzione al giorno seguente e alle guardie con gl’imputati passare la notte in quell’Oratorio.
A meglio custodire i condannati furono loro raddoppiate le catene e chiuse con maggior cautela le porte; ma ciò non valse che a confermare il miracolo. Le guardie sicure del fatto loro si abbandonarono ben presto al sonno; ma non così quei poveri infelici che trascinatisi con le catene ai piedi della Vergine, che si venera in quell’Oratorio, supplicarono la buona Madre di venire loro in aiuto, promettendo che avrebbero sempre per l’avvenire fatto buon uso della libertà e della vita.
Mentre così se ne stavano pieni di fiducia pregando, le catene si sciolsero spontaneamente e caddero a terra senza rumore.
Confortati dalle parole che loro parve udire dalla santa Immagine della Madonna: “Andatevene pure in libertà e non temete cosa alcuna; il divino Infante che tengo tra le braccia, ha già accolto le vostre preghiere e vi ha concesso la vita”, chetamente si allontanarono.
Sorto il sole, le guardie, svegliatesi, videro le catene infrante senza i condannati. Correndo quindi immediatamente in città ben presto li trovarono e volevano condurli al patibolo; ma il popolo edotto dal prodigio esclama che voleva consultare il re.
Questi volle subito che fossero assolti e messi in libertà coloro che la Vergine celeste aveva graziato. Anzi egli stesso con la sua sposa regale si recò al Santuario di Maria per vedere con i propri occhi i trofei del grande miracolo che la fama aveva già sparso per tutta la città.
Da quel giorno fu un continuo pellegrinaggio a quel santuario, che divenne sorgente inesausta di salute e di consolazione e prese il nome di santuario della Madonna della Catena.
La devozione alla Vergine della Catena si propagò rapidamente nella Sicilia e fuori, come nelle Calabrie, nel Napoletano ed in Basilicata.
A quel Santuario, rifatto e ingrandito dalla munificenza e dalla pietà del medesimo Re Martino I, nell’anno 1500 faceva la sua prima visita e umiliava la sua reale corona la Regina Giovanna di Napoli.
A quella sacra Immagine il famoso Viceré di Sicilia Francesco Conzaga ascriveva di essere uscito incolume da tanti pericoli corsi sui campi di battaglia. Senza dire che tanti di quelli che affluivano a Palermo, vi fissavano il proprio domicilio, pur di vivere all’ombra salutare della Madonna della Catena. Va ricordata, tra gli altri, la madre della serva di Dio suor Girolama da Messina, terziaria della stretta osservanza di S. Francesco, la quale venuta nel 1540 a Palermo, non volle più dipartirsene.
Molti Comuni la elessero a loro Patrona, moltissime Parrocchie a Titolare delle loro chiese.
A Roccalumera la devozione si sviluppò nell’ultima decade del 1800 quando la popolazione del quartiere “Ficara” ebbe la gioia di avere nel 1893 la chiesa e di dedicarla alla Madonna della Catena.
La venerazione alla Madonna della Catena era già molto sentita dai fedeli, perché nella valle del Chiodaro di Mongiuffi Melia dell’Arcidiocesi di Messina vi era già un Santuario della Madonna della Catena che richiamava molta gente del Messinese e del Catanese.

LA VECCHIA CHIESA
Nei secoli XVIII e XIX gli abitanti di questo quartiere, detto dialettalmente “U’Bagghiu”, usufruivano per la loro vita religiosa di una chiesetta patronale, la chiesa del SS. Crocifisso, dipendente dall’Università delle Collettorie di Pagliara, sotto la giurisdizione dell’Archimandrita del SS. Salvatore di Messina.
Sentivano, però, il bisogno di avere una loro chiesa, e con la posa della prima pietra su un terreno donato dal Sig. Orazio Mastroeni di Domenico, si dava concretezza alle loro aspirazioni nei primi anni del 1865.
Lo stesso Mastroeni si faceva promotore per la prima raccolta di denaro. I fondi, in realtà molto modesti, provenivano soltanto dai fedeli. Nei giorni festivi un comitato ristretto raccoglieva le offerte dei fedeli e si formava un fondo cassa; raggiunta una certa disponibilità di denaro si invitava il muratore sino all’esaurimento delle riserve; si lavorava ad intervalli e non costantemente.
Le maestranze erano locali: Onofrio Santoro, mastro Antonio Cassiere, che dirigeva i lavori. La copertura del soffitto fu fatta con un grosso tronco d’albero, su cui poggiavano le tavole con le tegole.
Ci vollero ben 28 anni per la sua realizzazione sino al 1893, quando il tempio a forma rettangolare fu ultimato e potè aprirsi al culto.
La data è incisa sull’elemento ligneo posto a copertura dell’architrave all’ingresso della chiesa. Essa ha rappresentato per la gente del quartiere “Ficara” un impegno di fede e di onore.
L’idea di dedicare la chiesa alla Madonna della Catena fu costantemente alimentata nell’animo dei fedeli. Prima di ultimare i lavori, la commissione composta dai Sigg. Agatino Scarcella, Gaetano Tricomi, Luigi Scordo, Domenico Caminiti e don Filippo Andronico, commissionò allo scultore Francesco Lo Turco, con il benestare della Curia arcivescovile di Messina, una statua simile a quella della Madonna della Catena di Mongiuffi.
Il Lo Turco si mise subito a lavoro, pieno di entusiasmo, consegnandola quando ancora la chiesa era priva di rifinimenti, per cui fu necessario collocarla nella chiesetta del SS. Crocifisso.
Nessun scritto si è trovato nell’archivio parrocchiale per l’inaugurazione, ma possiamo immaginare la festa e la gioia di tutti nel portare processionalmente il simulacro della Vergine Maria della Catena dalla chiesetta del Crocifisso alla nuova chiesa.
Da allora la devozione alla Madonna della Catena è sempre cresciuta nell’animo della gente, che in ogni circostanza, lieta o triste della vita, si rivolge sempre “a Matri Catina”.
Per ben 37 anni la comunità di “Ficara” crebbe attorno a questo tempio crescendo nella fede, animata dalle suore del canonico Francesco Maria Di Francia, dal clero di Allume, Locadi, Pagliara, Furci.

LA NUOVA CHIESA

Il quartiere andò via via sviluppandosi, da qui la necessità di una chiesa più grande. La Provvidenza venne in aiuto attraverso l’impegno di un giovane sacerdote, padre Carmelo Saccà, venuto a Roccalumera nel dicembre del 1929, che si diede subito da fare per realizzare un tempio più grande e più rispondente allo sviluppo del paese, con il decisivo appoggio e interessamento dell’Arcivescovo Mons. Angelo Paino.
Il progetto realizzato dall’Ing. Giovanni Crinò fu approvato l’11.1.1932 dal Ministero dei Lavori Pubblici. L’atto di acquisto del terreno (630 mq al prezzo di £ 12.270) di proprietà del cav. Francesco Mastroeni fu Orazio fu redatto l’8.8.1933 e registrato in Messina il 23.8.1933 n. 671, vol. 333, f. 16.
I lavori affidati all’Impresa Francesco Rigano di S. Teresa di Riva sotto la direzione dell’Ing. Barbaro dell’Ufficio Tecnico della Curia di Messina vennero ultimati il 30.6.1937.
L’inaugurazione e benedizione della Chiesa, completamente rinnovata, si ebbe l’8 agosto 1937 alla presenza dell’Arcivescovo Mons. Angelo Paino con la celebrazione della prima Messa di Mons. Giuseppe Alfredo Scarcella, primo sacerdote espresso dalla parrocchia con il discorso d’occasione del ch.mo prof. Sac. Vincenzo Caudo, direttore del settimanale diocesano: La Scintilla.
La nuova chiesa sorge sul posto della vecchia chiesetta del XIX secolo; si presenta:
* un tempio a croce latina;
* un soffitto a cassettoni con rosoni al centro;
* le decorazioni a stucco di Salvatore Maccarrone di Furci Siculo;
* un prospetto dove viene messo in rilievo l’immagine della Vergine della Catena
incastonata in una vetrata artistica della ditta M.F. di Messina;
* e ancora un mosaico raffigurante l’effige della Madonna della Catena sopra il
portale.
A seguito della riforma liturgica, padre Saccà ristrutturava l’area del presbiterio con l’altare “coram”, e nell’anno del Signore 1975, il giorno 10 del mese di giugno, alla presenza dei fedeli e dei testimoni ufficiali Mons. Giuseppe Scarcella Vic. Gen., padre Carmelo Saccà parroco, padre Gaetano Murolo, parroco della parrocchia del Carmine di Roccalumera e il giovane Vincenzo Saccà, la chiesa veniva consacrata con l’altare Maggiore, racchiudendovi le reliquie dei santi martiri Placido, Fazio e Flavia, da sua Ecc.za mons. Francesco Fasola, Arcivescovo di Messina, scegliendo e fissando in perpetuo come titolare della Chiesa Maria SS. della Catena.
Il cerimoniere mons. Giacomo Meo faceva le funzioni di cancelliere arcivescovile.
Ogni anno nella prima domenica di settembre la Madonna della Catena, patrona della parrocchia, viene festeggiata con numerose Sante Messe e solenne processione richiamando fedeli di tutta la riviera ionica. La festa è preceduta da una novena assai partecipata.
L'ARTE
Entrando si possono ammirare:
· nel soffitto del transetto una croce prospettica dipinta dall’artista Salvatore Messina;
· l’altare su cui troneggia in una nicchia la Madonna della Catena, in marmo policromo, offerto dal Sig. Mastroeni Giovanni di Orazio per ringraziare la Madonna per la ottenuta guarigione del figlio Orazio;
· gli altari secondari di marmo bardiglio, donati dalle famiglie del cav. Francesco Mastroeni e del notaio Pietro Mirone;
· il lampadario donato dall’ing. Giovanni Tricomi fu Natale.
Figurano:
1. Nella parete di destra
- Il dipinto dell’Addolorata (1940-41), di Mario Barberis eseguito a Roma, offerto dalla fam. Scordo;
- Il quadro della Madonna di Pompei opera sempre del prof. Mario Barberis, donato dalla sig.ra Santa Mirone in Mastroeni;
- Il dipinto su tela raff. La Vergine della Catena eseguito a Caltagirone (1912) dal pittore Mario Vaccaro:
- La tela raff. S. Teresa di Gesù Bambino di Rosaria Florio in Prestipino.
2. Nella parete di sinistra
- Il quadro di S. Giuseppe del pittore Vivirito di Palermo (17/X/1937), donato nel 1937 dal Sig. Giacomo D’Arrigo e fratelli in memoria di G. Parisi;
- Il quadro di P. Pio dell’artista Pippo Foti di Giardini, donato dalla fam. Fleres nel Giubileo del 2000;
- L’altare denominato del “S. Cuore”, dono di Filippa Fazio in Tricomi, dove figura la statua lignea di Gesù;
- Il quadro della Madonna del Carmine, offerto dai coniugi Corrado Mastroeni e Maria Tricomi.

Il tempio è arricchito di vetrate artistiche raffiguranti:
* S. Pietro apostolo;
* S. Paolo ;
* S. Giovanni Evangelista;
* Cristo Re;
* il Cuore Immacolato di Maria;
* una artistica Via Crucis su compensato opera del prof. Barberis, donata da
Francesca D’Elia.
Il 12 dicembre 2004 è stata inaugurata la 15^ stazione “La Risurrezione”, opera in bronzo dell’artista Licinio Fazio, dono delle famiglie Scala-Caminiti.
Grazie a un duplice intervento della Regione, per interessamento del parroco padre Santino Caminiti, il primo (1993) riguardante la ristrutturazione esterna della chiesa (prospetti e tetto); il secondo (2001) la ristrutturazione interna della chiesa (adeguamento alle norme infortunistiche, pitturazione di tutta la chiesa, sistemazione del pavimento, rifacimento dell’altare), la chiesa veniva restaurata e l’area del presbiterio ristrutturata, con la costruzione degli elementi compositivi quali appunto:
· l’altare coram;
· l’ambone;
· la fonte battesimale;
· la presidenza.
In data primo luglio 2003 S. E. Rev.ma Mons. Giovanni Marra, Arcivescovo Metropolita di Messina Lipari S. Lucia del Mela e Archimandrita del SS. Salvatore di Messina, benediceva la chiesa e dedicava l’altare “coram” della chiesa parrocchiale di S. Maria della Catena in Roccalumera (ME) sottoscrivendo il verbale, che sarà conservato a perpetua memoria nell’archivio parrocchiale e in quello della Curia Arcivescovile (Prot. n. 118/03/P ME, 30 Giugno 2003).

Testo ed immagini, (tranne quella della testata), sono stati tratti dal sito dell'Associazione "Baglioficara".




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mercoledì 1 settembre 2010

"FIUMEDINISI al dissesto!". Repici accusò, De Luca minimizzò e passò ad altre emergenze.




Non ho potuto presenziare ai due comizi, il primo del Gruppo di minoranza consiliare fiumedinisana (tenutosi lo scorso 27 Agosto in Piazza San Pietro), e il secondo (Domenica 29 Agosto, in Piazza Matrice), diretto ed eseguito dall'On. Cateno De Luca.
Ma, poichè già da tempo mi sono reso conto che quanto succede a Fiumedinisi è argomento di interesse non solo del loro Comune ma comprensoriale se non addirittura dell'intera isola, mi sono rivolto alle puntuali repliche TV.

Il comizio del capogruppo Francesco Repici:
Saltata (per questioni di tempo), tutta la parte riguardante gli interventi propedeutici a quello di Repici, (riguardanti: Nino Maisano, presidente dell'Associazione "Pietraossa" e la naturalista Anna Giordano), ho cercato di non farmi sfuggire nemmeno una parola di quanto stava per riferire il giovane Repici, che -io in quanto blogger e non giornalista- mi permetto di definirei grintoso ma alquanto acido nell'esposizione scenica nonchè di animo semplice e dalle chiare speranze. Dall' elenco valanga di abusi, disservizi e dissesti segnalatici dallo stesso, non poteva mancare il più volte citato muro sul torrente Nisi. Ma andiamo per ordine:

1) L'orrendo muro, al dire di Repici, è stato realizzato là dove erano previsti dei "gabbioni" di pietre e posto molto più al centro del greto del torrente stesso per dar spazio e superficie alle terre di C.da "Vecchio" di proprietà del da lui definito "Conte Ruggero" (ove costruire la Fiumedinisi "Nuova", ndr). Tale obbrobbriosa opera, restringerebbe talmente la larghezza del suddetto torrente, tanto da costituire in caso di pieno un serio pericolo di esondazione sulla sponda opposta.

2) La Via di fuga, (che condurrà un domani al costruendo "Centro Benessere" e ad un complesso turistico residenziale provvisto anche di campo da calcio regolamentare e quant'altro, ndr), anch'essa tema più volte dibattuto pubblicamente, non sarebbe -secondo Repici- un capolavoro di proggettazione e percorribilità, (su questo il sottoscritto non può dargli torto, avendola percorsa più volte in auto ed avendone constataro la tortuosita unita ad una larghezza non adeguata proprio nelle curve, ove un autobus turistico dovrebbe transitare, situazione che si complicherebbe nell'ipotesi di incrocio di questi con altro veicolo proveniente dal senso opposto), ma sul resto preferiamo sorvolare.

3) Il "Centro Benessere", che Repici reputa un "mostro ecologico" (così denotando una sua sensibilità ambientalista), è opera dichiaratamente di proprietà dello Stesso De Luca, pardon "Conte Ruggero", è quì segnala un ulteriore abuso: sorgerebbe proprio in mezzo alla linea di compluvio di due colline. Chiaramente quì si rimanda all'eventualità di frane da alluvione (come nello scorso 1 Ottobre 2009), con probabili conseguenti nuovi disastri.
4) Il ponte pedonale, opera in legno (che sostituisce una vecchia passerella costituita da due tavoloni da carpenteria posti sul torrente, ndr), oggi collega la via comunale al "Centro Benessere". Ebbene, secondo Repici, tale opera costituirebbe pericolo in caso di piena perchè troppo bassa. (Avesse guardato il nuovo ponte di Allume, allora... ci avrebbe fatto Causa?).

5) La viabilità rurale e il cimitero, sarebbero oggi in condizioni di totale abbandono. In una contrada che ha precisato, sarebbe stata segnalata, oltre alla sporcizia, anche la presenza di topi moti. Repici precisa in siciliano: "ci sunu i pulici, i piddizzuni e i surici motti".

6) L'illuminazione del paese, sarebbe talmente ammalorata dallo spegnersi al primo scroscio di pioggia, ma anche la manutenzione del verde pubblico sarebbe in stato di abbandono.

7) Un palazzo di fronte alla chiesa di San Pietro. Sarebbe prevista fra i le opere da realizzare, una palazzina (credo con scopi turistici anch'essa), che dovrebbe sorgere proprio di fronte alla chiesa di San Pietro, oscurandone e deturpandone la secolare bellezza. (Quì - se autenticamente - il giovane Repici denota la sua sensibilità verso il partrimonio storico-monumentale).

8) La fontana realizzata nel 1896, è anch'essa oggetto di attenzione nel discorso accorato di Repici. In effetti, nel terreno sovrastante e retrostante starebbe nascendo l'ennesima struttura in cemento armato. Potrebbe trattarsi di un altro albergo. Ancora attaccamento alla storia del proprio paese?

Questi otto, Vi sembrano punti di poca importanza? A voi lettori la sentanza. Ma se pensiamo che il tutto è a corollario 16 milioni di finanziamenti già incassati (che per la Minoranza sono stati ottenuti per opere totalemente inutili, vedi Scuola degli antichi mestieri), denaro ottenuto da Fiumedinisi in questi anni, mentre il Comune sarebbe ormai al dissesto, allora ci sarebbe da riflettere seriamente. Intanto, carte bollate all'indirizzo della Corte dei Conti e ricorsi al TAR di Catania. Infatti, le stesse avrebbero interessato oltre alla tematica di un presunto dissesto, numerosi abusi quali: il Consorzio degli Antichi Mestieri e l’”Unione dei Comuni Valle del Nisi Area delle Terme”, il cui Statuto è stato giudicato pregiudizievole per un effettivo sviluppo del territorio a cui si rivolge l'Unione.

Infine, in un sussulto di estremo coraggio (dote che non gli manca), Repici definisce "il Conte Ruggero", il peggiore sindaco di sempre e si augura che la vera rinascita inizi con la sua estromissione.

La replica di De Luca:
il comizio del Deputato-Sindaco, che lo vedeva chiamato a rispondere (ancora una volta) a tante accuse più o meno gravi, lo vede invece sornione, ironico e perfino baldanzoso. Chiaramente il primissimo suo riferimento è rivolto al Capogruppo di minoranza, del quale dice: "certi signori, per i loro imperanti disturbi, forse fanno uso di psicofarmaci". Poi, passa ad occuparsi delle tematiche che a suo dire provengono da pseudo jettoatori, e cioè riferite a invocate piene del torrente. Risponde a proposito del famigerato muro d'argine, (o "difesa spondale"), che là dove sono stati realizzati utilizzando "gabbioni di pietre" (e quì gli posso dare ragione), proprio la piena li ha spazzati via con estrema facilità. Il chiaro riferimento è a quelli recentemente realizzati sul territorio di Savoca.

Il Deputato di Sicilia Vera, quasi da subito sorvola sui tanti punti mossigli ad accusa e si fa forza dei consensi elettorali ottenuti, prima come Sindaco nel 2003, poi come Deputato MPA nel 2006 e poi ancora come Sindaco (con quasi il 70% dei fiumedinisani a suo favore), e ancora riconfermato Deputato due anni orsono. Sul suo grande palco, infatti siedono alle sue spalle diversi sindaci a lui riconoscenti e fedeli, fra i quali: Giuseppe Di Tommaso (Nizza di Sicilia), Carmelo Satta (Alì), il sindaco di Scaletta Zanclea, di Mandanici... oltre al Consigliere Provinciale Pippo Lombardo.

Ammette anche di aver commesso degli errori, De Luca, pur dichiarando di non essersi mai abbattuto e di non farlo adesso, di fronte a fiumane di querele anonime, di Cause in Tribunale e quant'altro, piovutegli a suo dire da invidiosi e politici scorretti. Poi, vola alto, molto alto e il suo discorso si allontana da quella che è la classica caciara di paese per atterrare a "Palazzo dei Normanni". A Palermo. Tema anche questo già dibattuto da lui stesso in passato, i debiti dell'intera Sicilia. Enormi debiti, si parlerebbe di 600milioni ma lui sussura -e non smentito da alcuno al Palazzo, dice- di... ben sei miliardi di euro. O forse ho sentito male?
Aggiunge: "ad Ottobre gli impiegati non potranno più essere pagati". Ritorna così a parlare di giochi ed inciuci politici di dimensioni macroscopiche che riportano la Sicilia ad un triste realtà da sempre subìta dal suo popolo. Di fronte a tale immenso problema -dice- non ci dovrebbero più essere divisioni di "colori" o casacche.

Torna poi alle tematiche di Fiumedinisi, che inneggiano anche al topo morto. Ancora sarcastico, dichiara: "nessuno gli ha detto di mangiarselo" e prosegue: "La verità, è che spesso la gente si rivolge al sindaco per richieste che non gli competono". Per il servizio di pulizia oggi c'è l'ATO, probabilmente questa non fa bene il proprio lavoro.

Dimenticavo. Verso la metà del suo lungo comizio, De Luca fa portare sul palco due coppie di regali, (un quadro-poster della Madonna Annunziata -patrona del paese- e il suo libro-tesi di laurea che racconterebbe economia e storia di una Sicilia travagliata). Uno, da consegnare ovviamente al Capogruppo Repici e l'altro a tale "ragionier fantozzi" (così lo definisce), che altrimenti nomina come il "paisano".

RIFLESSIONE PERSONALE:
Cateno De Luca, persona dal temperamento alquanto focoso, dai modi spesso rudimentali, (lui stesso si definisce "rurale"), persona con la quale io stesso ho avuto più volte modo di discutere sia pur per brevi momenti, ha indiscutibilmente mire e disegni molto ambiziosi. Uomo generoso d'animo, guarda si al suo paese (Fiumedinisi), si al territorio di appartenenza (quello jonico), ma più ancora all'intera economia siciliana senza trascurare gli equilibri di governo che imperano a Roma.
Infatti, pur dando (io personalmente) per scontata la sua onestà politico-imprenditoriale, (infatti, se pensassi ad abusi di potere e collusioni, allora dovrei aprire un diverdso discorso fatto di prove e non di chiacchere di piazza), ritengo che le sue mire progressiste si scontrano e si scontreranno sempre più con una mentalità di paese. Paese che si sarebbe accontentato di molto ma molto meno. Questo, i sindaci, le maggioranze e la politica che ha preceduto De Luca lo sapevano bene, e per questo (magari sfuttando debolezze e bisogno per disoccupazione) hanno ciclicamente "giocato" la carta delle promesse da reiterare di legislatura in legislatura. "Tanto poi la gente si dimentica ed il tempo passa".

Oggi, leggittimamente, alla paura paesana si aggiunge il terrore di un progresso troppo faraonico per essere reale e quindi non lo si vuole, si teme altresì un potere troppo concentrato nelle mani di un solo cognome. De Luca. E poi, dalle nostre parti si è sempre "tiratu a campari", e magari certa gente pensa: "chi troppo promette lo fa per scopi suoi, non certo per il popolo". La gente si è sempre accontentata con L'UOVO OGGI piuttosto che con la GALLINA DOMANI. Qualche cantiere scuola (comunque, oggi anche quelli bloccati da Palermo, mentre c'è chi dice che i soldi se li sono spartiti i Sindaci), qualche favoruccio a qualche amico che porta voti e... per gli altri che tirassero la cinghia.

Il dubbio stesso che le travi ed i pilastri di oggi, rimangano opere incompiute ai posteri quali "Mostri ecologici" il cui unico valore sarà il costo di demolizione nonchè il trasporto dei relativi calcinacci a rifiuto, è quindi leggittimo anch'esso.

La speranza, (difficoltosissima) invece, e che il "pazzo" Cateno (o Conte Ruggero che dir si voglia), trasformi veramente la già retrograda ed isolata Fiumedinisi nella "NUOVA TAORMINA", è il gancio in mezzo al cielo al quale si aggrappano gli ottimisti. Là dove ancora oggi pascolano le pecore e le capre, dove sono fluenti rovi e sterpaglie, un domani... chissà.
Ed il Comprensorio Jonico che negli ultimi trent'anni ha gridato al miracolo per la realizzazione della semplice rete fognaria piuttosto che per l'acqua potabile nelle case, che ha giudicato impossibile che un giorno arrivasse la rete metanifera nella nostra zona, diviso su ogni decisione sempre, un giorno non lontanissimo potrebbe finalmente sfruttare il turismo e VIVERE di orgogliosa risorsa propria. Un Comprensorio, che possa accogliere manodopera locale disoccupata è quindi solo un sogno?

Forse De Luca si rivelerà solo un imbroglione, un falso come tanti altri politici che lo hanno preceduto. Ma questa non sarà una vittoria per nessuno, nemmeno per i suoi detrattori. Tantomeno io ho la SFERA DI CRISTALLO per leggere il futuro mio e della mia Terra, ma se fossi Repici e compagni, indagherei anche sulla concretezza dei piani dei capoccia che spingono il progetto alternativo a De Luca, piuttosto che guardare solo al favore personale. E non parlo di Fiumedinisi ma del Comprensorio Jonico e della Sicilia, quella si dei Baroni e dei lecchini ed infine del popolo sottomesso ed illuso nei secoli.

Forse De Luca altri non è che un BLUFF? Allora cominciamo già adesso a individuare chi non lo è (in alto a Palermo, dico), perchè ogni anno della nostra vita trascorsa ad elemosinare i tre mesi all'ATO piuttosto che un incarico temporaneo al Comune, è un anno perso. E mentre l'odio non risolve ma tritura il fegato di chi lo detiene, il tempo inesorabilmente trascorre e magari c'è qualcun'altro (magari più di uno), che in questo momento ride sulle spalle di Repici, Maisano e Co. i quali infieriscono... sullo scomodo e nemico Deputato Cateno De Luca a Palermo.





Leggi l'altro mio blog: "IOGEOMETRA"
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