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giovedì 15 marzo 2012

“NO IMPACT MAN”: ATTRAVERSO UN FILM, POSTO IL QUESITO SOPRATTUTTO AI GIOVANI

SANTA TERESA DI RIVA (Messina) - Domenica 11 marzo. Il “Comitato Jonico Beni Comuni” ha organizzato presso il Palazzo della Cultura il secondo incontro a tema. Si è parlato della riduzione del nostro impatto sul pianeta con la proiezione del film No impact man, (l’uomo a impatto zero). Innanzitutto, cosa abbiamo visto nel film? La città di New York, un uomo che si impone (anche alla propria famiglia, quindi alla moglie ed alla figlioletta), di vivere per un anno ad impatto zero. Cosa fa?

Mentre nei primi sei mesi l'uomo comincia ad abolire le più elementari abitudini da cittadino consumista, ossia: usa per la bambina pannolini lavabili piuttosto che i più famosi usa e getta, realizza (in casa) una cassetta per il compost (con vermi in mezzo ai rifiuti organici che produce ogni giorno), produce egli stesso i detersivi per il bucato, viaggia in bicicletta piuttosto che in auto e fra l’altro fa a meno della stessa carta igienica (?). Dal sesto mese stacca il contatore e fa a meno della stessa corrente elettrica. Paradossale può apparire soprattutto quest’ultima scelta, soprattutto in una società moderna ed in particolar modo non in un paesino sottosviluppato ma addirittura nella metropoli di New York.

Eppure, fra tante difficoltà, immense contestazioni provenienti dalle mail che gli vengono inviate ogni giorno e persino dalla stessa moglie, l’esperimento prosegue sino alla fine. Così, la scoperta dell’orto in città, l’acquisto dei beni di consumo per poi cucinarli in casa invece che rivolgersi al generalizzato fast food, fanno di quest’uomo un vero esempio al quale attingeranno in seguito gruppi di studenti per successivi esperimenti sul genere.

Arriviamo presto alla prima riflessione: Se dagli interventi del dopo film, ai commenti dei giovani si sono uniti a quelli dei meno giovani, ponendo talune necessità (vedi l’auto per le grandi distanze, piuttosto che una più che consolidata abitudine ad usarle anche per andare a prendere il caffè sotto casa), come ormai irrinunciabili, come il telefonino, il televisore maxischermo, manco a parlarne di rinunciare alla corrente elettrica in casa, altrettanto importante è stata ritenuta una riflessione sul consumo energetico, sull’inquinamento atmosferico, sulla eccessiva produzione di spazzatura indotta dalla generalizzata abitudine dell’usa e getta. E potrei continuare per molto.

Ormai tutti sanno, come il 20% degli abitanti del pianeta viva con l’80% delle risorse, mentre il restante 80% della popolazione sopravviva col restante 20%. Temi ecologisti, alla luce anche di previsioni catastrofiche, stanno in questi anni portando in auge l’energia alternativa del fotovoltaico od eolico (solo per fare due esempi) che vengono incontro alla sempre crescente domanda di energia elettrica richiesta da un livello di vita sempre più esigente dei Paesi in via di sviluppo. Il petrolio, (tema di cui si parlerà nell’ultimo incontro-dibattito), viene visto quale risorsa in via di esaurimento e quindi da integrare anche per le motorizzazioni per autotrazione (vedi alimentazione ibrida, motore a scoppio + motore elettrico). Anche in questo caso ci sarebbe da parlare di “riscaldamento del pianeta”, (anche se c’è chi afferma che è una balla creata ad arte), di scioglimento graduale dei ghiacciai, di innalzamento dei mari, di buco nell’ozono provocato dai cosiddetti gas serra.

Ma facciamo un passettino indietro: I giovani della generazione che mi ha preceduto, (nel dopoguerra), certo non erano al corrente delle tematiche del riciclo, ma giocoforza, si usava passare gli abiti dal figlio grande a quelli più piccoli, si produceva molta meno spazzatura perché (a causa del tenore di vita più basso quasi generalizzato), si recuperava o riparava ogni genere di cose. Manco a parlare di energia elettrica, perché in molti casi non c’era e si usavano i lumi per illuminare la sera, non già a petrolio ma ad olio rancido. Non esistevano le buste di plastica per fare la spesa ma quelle in stoffa, niente tovaglioli di carta, bicchieri e posate usa e getta ma tutta roba che veniva lavata, riusata, riparata, rattoppata fino all’ultimo. E chi aveva un orto da coltivare od un appezzamento di terra su cui piantare ulivi o limoni era considerato un privilegiato. Ciò vuol dire che si deve tornare indietro? Che si stava meglio quando c’era la miseria? Non ho detto questo. Di sicuro, non c’è bisogno di essere degli scienziati o degli esperti per accorgersi che stiamo andando verso il baratro e certo bisogna porre dei correttivi a talune nostre insane abitudini quotidiane. Produrre meno spazzatura certo si può, avviare fra i comuni una raccolta differenziata è più che una necessità, riutilizzare le cose, risparmiare il superfluo (non solo per la crisi), è segno di rispetto verso chi sta peggio. Mentre si diffonde il concetto di “casa ecologica” che produce quanto e più di ciò consuma, acqua, luce, gas, spostamenti in auto, possono essere utilizzati con più oculatezza e parsimonia. Di certo non diverremo tutti degli “No impact man”, ma vivremo sicuramente meglio. Credetemi, ne usufruiranno anche i rapporti interpersonali.

P.S. Un grazie a Sandro Ballisto e al suo Comitato per la lodevole ennesima iniziativa. Da gente dai sani principi, non possono che derivare iniziative lodevoli e utili a tutti.

Giovanni Bonarrigo

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