Modifica A NIZZA DI SICILIA, ANCORA TEATRO DEL BUONUMORE E DELLA SEMPLICITA’
“Quella sera Totò superò se stesso in
una girandola di piroette, di esercizi di mimica facciale, di doppi
sensi e di sberleffi surreali che lo diplomarono comico di qualità.
Pasqualino se ne rese conto e fu fierissimo di essere stato in qualche
modo l’artefice di quel successo in cui aveva creduto più ancora di
quanto l’amico credesse in se stesso. Lo attese in camerino e appena lo
vide arrivare frastornato e felice, lo accolse con un’esclamazione di
giubilo: “Totò, Totò, che ti dicevo io? Avimmo fatto ‘a botta!”.
Tratte dal libro, “TOTO’ Siamo
uomini o caporali” scritto in collaborazione con la figlia del grande
comico napoletano, Liliana De Curtis. Queste righe credo
rendano bene il ciak fotografico, da una parte di una grande amicizia
fra un barbiere ed un attore, e dall’altra del giovane Totò che
“esplode” per la prima volta davanti al grande pubblico. Totò giurò a se
stesso che, qualora fosse diventato famoso, avrebbe raccontato che
parte del suo successo era dovuto a un certo Pasqualino.
Voglio quì riportare alcuni pensieri dell’attore drammaturgo Tino Caspanello, tratte da una mia intervista fattagli nel dicembre 2008, quando venne a trovarmi nel mio studio. Gli chiesi: Tino, parliamo di teatro fra intrattenimento e comicità. Mi rispose: “Il
teatro, dà la possibilità di sondare la vita oltre la vita stessa. Il
teatro non è intrattenimento, per quello c’è la TV. La risata al teatro è
diversa, quella provocata dalla battuta, dalla situazione comica,
esprime che dietro c’è una tragedia. Bisogna differenziarlo
assolutamente dal resto dell’informazione. Come diceva Antonin Artaud
(attore di teatro e teorico del ‘900), “il teatro è come lo studio di un
dentista, sai che non ti ucciderà, ma sai anche che ti farà male”.
Il teatro dunque non è solo
comicità e risata, dietro ad una buona commedia teatrale ci deve essere
un racconto che deve far riflettere e penetrare nell’animo dello
spettatore, un sentimento che porterà con sé, tornando a casa.
Nizza di Sicilia - 22 Marzo 2014 -
La compagnia teatrale Verba Volant, si è scommessa ancora una volta in
ciò che meglio le riesce: il teatro del buonumore. Nella Prima De “L’abito… fa il monaco”,
commedia in tre atti di Cosimo Briguglio, lo stesso interpreta Peppino
Cincinnà, capo di una famiglia il cui bisogno spasmodico di apparire
supera di gran lunga le reali possibilità economiche che un magro
stipendio di capo ufficio permetterebbe. Da qui, in un dipanarsi di
trovate ad hoc, la moglie del protagonista lo porterà alla più totale
disperazione.
La storia – per la verità in parte
ispirata da altra commedia famosa – non ve la racconterò, ma vi posso
dire che: fra gags, battute a raffica dei vari personaggi e paradossi,
vola leggera e comprensibilissima cogliendo l’ormai consueto obbiettivo:
la risata, l’applauso, il consenso del pubblico in sala. Ma, come detto
sopra, la semplice risata non è “teatro” se non completata da almeno un
colpo di scena, e perché no, da una morale finale. Aspettatevi infatti
qualcosa che vi toccherà, almeno un po’ negli ultimi minuti. Tuttavia,
ciò non vi toglierà dalla faccia quel sorriso semplice, regalatovi da
chi in ultima analisi non ha la pretesa di essere, né Luigi Pirandello
né Totò.
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