Il GRIDO (Il Blog su Roccalumera e... non solo)

mercoledì 3 febbraio 2010

Le Commedie di Carlo. Sono belle, sono di livello, ma... qualcuno di importante le snobba

Di solito, non pubblico riflessioni di questo genere. Pubblico "GRIDI" di persone che lamentano il degrado della nostra Terra, pubblico "GRIDI" di persone che sono state a Giampilieri o a Scaletta a spalare fango ma che poi hanno paura che presto qulacuno si dimenticherà dei superstiti, pubblico "GRIDI" di persone... che si oppongono alla chiusura di un ospedale o di un semplice reparto di un nosocomio... Ma, riflettendoci, l'artista in oggetto non è altri che un "operaio" della nostra terra che ha un sogno. La grande differenza fra lui e chi lavora di vanga o di piccone e che la sua fatica è di tipo mentale (ma non solo). Quando questo "teatrante" lavora, ci mette tutto se tesso, ci crede e magari si illude che tutti gli altri ci debbano credere. Ebbene, io ammiro il suo "lavoro di qualità" che non sempre riscuote il successo che meriterebbe, perchè non nasce solo per far ridere come tanta concorrenza. Ebbene si, quando un uomo di teatro, un artista, un opinionista, si pone quale "FARO" per coloro che vivono senza farsi domande, ebbene costui percorre spesso (come Sisipo), una strada che va in salita e spinge su una pietra che alla prima occasione (ri)rotola giù.
Trattare temi importanti ed avere il coraggio di "venderli" alla gente (temi come il massacro degli Ebrei o il terremoto di Messina), può essere un'arma a doppio taglio. Infatti, chi dal teatro si aspettava un'ora e mezza di svago, magari, alla prossima occasione andrà a vedere un "cinepanettone" che è roba da due soldi... ma che fa ridere e rilassa. Bisogna riflettere però, bisogna porsi delle domande, e distinguere la qualità dalla spazzatura es. della TV.
La nostra società, attraverso il "canali" del sapere che ancora esistono, deve recuperare il senso civico, il senso religioso, la riscoperta dei valori della famiglia. Forse, qualche volta, piangere ad una messa cantata o perfino ad una commedia teatrale, è un'occasione per crescere e per cambiare.
Giovanni BonarRIGO
Caro Direttore, stavolta invece del solito comunicato stampa è l'autore dello spettacolo che ti scrive, raccontando le sue emozioni nel sentire un pubblico, non numeroso per la verità, ma presente e pronto ad affrontare i cambiamenti, che questo scavezzacollo (in senso teatrale) propone. Era da tanto tempo che parlavo di cambiamento nel mio teatro e avevo messo in atto alcune cose, anche se non si riusciva a venire fuori dall'empasse di uno stereotipo che ci perseguitava e che voleva che il teatro, il nostro compreso, fosse necessariamente il luogo di risate e celebrazioni di culti personali, senza poter venire fuori con un prodotto, che si presentasse come qualcosa di nuovo. Così "Lo zio Leone" ci ha dato modo di ripartire con qualcosa di diverso, nel tentativo di aprire un varco e posizionarci in un angolo del mercato, dove ci siamo noi e basta, almeno per quanto riguarda la Riviera Jonica. Ma non basta, perchè "Lo zio Leone" ci ha dato la soddisfazione di portare all'Auditorium la prima scuola superiore, quel Liceo Ginnasio Trimarchi, che è arrivato in forze (270 alunni) a celebrare insieme a noi il Giorno della Memoria, affrontando problemi enormi, non foss'altro la ricerca di ben sei autobus. Stavolta siamo veramente dispiaciuti per quelli che non c'erano, perchè chi c'era potrà testimoniare che il pubblico alla fine dello spettacolo era in lacrime, commosso per avere ascoltato e visto una storia dura, forte, ma reale, una di quelle storie che bisognava raccontare. Certo, dal momento che si trattava di un personaggio nizzardo e di un lavoro ambientato a Nizza di Sicilia, nel quartiere di San Giovanni, ci è dispiaciuto non registrare la presenza di alcun amministratore del nostro comune, ma c'era la gente, quella c'era, di Nizza sempre poca, ma qualcuno di quel quartiere era presente.
Oggi resta il piacere di avere svoltato con un teatro nuovo e avere convinto chi c'era, e potrà testimoniare, che si può fare del buon teatro senza necessariamente dover rispondere a chi ti chiede: "Ma chi fa, si ridi?".
Carlo Barbera (Attore di teatro)
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