Così, Giovanni Falcone ci raccontò "Cosa Nostra"
La struttura di Cosa Nostra
La mafia siciliana ha una struttura a sviluppo verticale. Il capofamiglia nomina il "sottocapo", i consiglieri ed i capidecina che hanno il compito di coordinare gli uomini d'onore, i picciotti. L'organizzazione base è la famiglia, non quella di sangue, ma un gruppo mafioso che controlla un pezzo di territorio, in genere un paese o un quartiere di una grande città, oppure più paesi se questi sono piccoli. È una funzione vitale, quella del controllo del territorio, che si snoda attraverso forme di contiguità con ambienti della politica e delle istituzioni. In Cosa Nostra si entra per cooptazione o chiamata, attraverso una specie di giuramento che consiste nel farsi bruciare sulla mano un santino.
Le attività
Le disponibilità di Cosa Nostra sono illimitate. Le attività nelle quali Cosa Nostra è impegnata sono il traffico internazionale di droga (le rotte controllate dalla mafia siciliana sono ancora oggi quelle più sicure), le speculazione finanziarie ed immobiliari, il riciclaggio del denaro sporco, l'estorsione, il traffico di armi, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e industriali ed il traffico di armi.
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Cari lettori, oggi vi voglio parlare del libro di Giovanni Falcone, "Cose di Cosa Nostra". Un libro, che racconta il mafioso siciliano come molti di noi nemmeno lo immaginiamo. I mafiosi con i quali si confronta il magistrato Giovanni Falcone, non sono rozzi delinquenti, ma persone dalla psiche assai profonda, gente che parla un linguaggio proprio, (in codice). Falcone, per servire lo Stato, prima di ogni cosa studia gente come Buscetta, Mannoia, o Calderone.
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NEL PROLOGO, Marcelle Padovani parla del METODO FALCONE: "Insolenti o vittimisti, chiusi in un ostinato silenzio o violentemente contestatori, Falcone oppone loro una calma e una sicurezza di sè incontrollabili. Niente sguardi di intesa, niente rapporti basati sul tu, ma nemmeno insulti: devono rendersi conto di trovarsi di fronte allo Stato".
LEGGENDO IL LIBRO: "Talvolta ha scoperto in loro un'umanità insospettabile: "Che calore, che senso di amicizia quando ci siamo salutati con i pentiti Buscetta Mannoia, Calderone". E lo stesso Calderone dichiara ai giornali: "Ho collaborato con Falcone perchè è un uomo d'onore". E, lasciata l'Italia per destinazione ignota nel tentativo di sfuggire all'immancabile vendetta di Cosa Nostra dopo le confessioni rilasciate alla magistratura, gli fa pervenire questa lettera straordinaria: "Signor giudice, non ho avuto il tempo di dirle addio. Desidero farlo ora. Spero che continuerà la sua lotta contro la mafia con lo spirito di sempre. Ho cercato di darle il mio modesto contributo, senza riserve e senza menzogne. Una volta ancora sono costretto a emigrare e non credo di tornare mai più in Italia. Penso di avere il diritto di farmi una vita e in Italia non è possibile. Con la massima stima, Antonio Calderone".
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La mafia siciliana ha una struttura a sviluppo verticale. Il capofamiglia nomina il "sottocapo", i consiglieri ed i capidecina che hanno il compito di coordinare gli uomini d'onore, i picciotti. L'organizzazione base è la famiglia, non quella di sangue, ma un gruppo mafioso che controlla un pezzo di territorio, in genere un paese o un quartiere di una grande città, oppure più paesi se questi sono piccoli. È una funzione vitale, quella del controllo del territorio, che si snoda attraverso forme di contiguità con ambienti della politica e delle istituzioni. In Cosa Nostra si entra per cooptazione o chiamata, attraverso una specie di giuramento che consiste nel farsi bruciare sulla mano un santino.
Le attività
Le disponibilità di Cosa Nostra sono illimitate. Le attività nelle quali Cosa Nostra è impegnata sono il traffico internazionale di droga (le rotte controllate dalla mafia siciliana sono ancora oggi quelle più sicure), le speculazione finanziarie ed immobiliari, il riciclaggio del denaro sporco, l'estorsione, il traffico di armi, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e industriali ed il traffico di armi.
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Cari lettori, oggi vi voglio parlare del libro di Giovanni Falcone, "Cose di Cosa Nostra". Un libro, che racconta il mafioso siciliano come molti di noi nemmeno lo immaginiamo. I mafiosi con i quali si confronta il magistrato Giovanni Falcone, non sono rozzi delinquenti, ma persone dalla psiche assai profonda, gente che parla un linguaggio proprio, (in codice). Falcone, per servire lo Stato, prima di ogni cosa studia gente come Buscetta, Mannoia, o Calderone.
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NEL PROLOGO, Marcelle Padovani parla del METODO FALCONE: "Insolenti o vittimisti, chiusi in un ostinato silenzio o violentemente contestatori, Falcone oppone loro una calma e una sicurezza di sè incontrollabili. Niente sguardi di intesa, niente rapporti basati sul tu, ma nemmeno insulti: devono rendersi conto di trovarsi di fronte allo Stato".
LEGGENDO IL LIBRO: "Talvolta ha scoperto in loro un'umanità insospettabile: "Che calore, che senso di amicizia quando ci siamo salutati con i pentiti Buscetta Mannoia, Calderone". E lo stesso Calderone dichiara ai giornali: "Ho collaborato con Falcone perchè è un uomo d'onore". E, lasciata l'Italia per destinazione ignota nel tentativo di sfuggire all'immancabile vendetta di Cosa Nostra dopo le confessioni rilasciate alla magistratura, gli fa pervenire questa lettera straordinaria: "Signor giudice, non ho avuto il tempo di dirle addio. Desidero farlo ora. Spero che continuerà la sua lotta contro la mafia con lo spirito di sempre. Ho cercato di darle il mio modesto contributo, senza riserve e senza menzogne. Una volta ancora sono costretto a emigrare e non credo di tornare mai più in Italia. Penso di avere il diritto di farmi una vita e in Italia non è possibile. Con la massima stima, Antonio Calderone".
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COSI' INIZIA IL RACCONTO: Cosa nostra ha a sua disposizione un arsenale completo di strumenti di morte. Per il fallito attentato del 21 giugno 1989 alla villa che avevo affittato all'Addaura, vicino a Palermo, erano stati piazzati tra gli scogli cinquanta candelotti di esplosivo. La lupara ormai sta passando di moda. Il famoso fucile a canne mozze, che una volta firmava i delitti mafiosi, quest'arma artigianale di inconfondibile carattere contadino, è sempre meno adatta alle esigenze della mafia moderna. Oggi si preferiscono generalmente le armi a canna corta, la calibro 38 e la 357 Magnum a proiettili dirompenti. Per gli attentati più difficili e complessi vanno bene le armi a canna lunga di fabbricazione straniera, i Kalashnikov, i bazooka, i fucili lanciagranate. Per non parlare degli esplosivi, utilizzati non solo a casa mia, ma anche, nel 1983, per l'assassinio di Rocco Chinnici, spazzato via dallo scoppio telecomandato di un'auto imbottita di tritolo.
I "messaggi" di Cosa Nostra": I messaggi di Cosa Nostra diretti al di fuori dell'organizzazione - informazioni, intimidazioni, avvertimenti - mutano stile in funzione del risultato che si vuole ottenere. Si va dalla bomba al sorrisetto ironico accompagnato dalla frase: "Lei lavora troppo, fa male alla salute, dovrebbe riposare", oppure: "Lei fa un mestiere pericoloso; io, al suo posto, la scorta me la porterei pure al gabinetto" - due frasi che mi sono state rivolte direttamente. Le cartoline e lettere decorate con disegni di bare o con l'eventuale data di morte accanto a quella di nascita, e i pacchetti con proiettili sono riservati generalmente ai novellini, per sondare il terreno.
L'ANEDDOTO: Uno dei miei colleghi romani, nel 1980, va a trovare Frank Coppola, appena arrestato, e lo provoca: "Signor Coppola, che cosa è la mafia?". Il vecchio, che non era nato ieri, ci pensa su e poi ribatte: "Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell'appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia...".
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Su Jonia News di Aprile: Pag. 30 Roccalumera:I "messaggi" di Cosa Nostra": I messaggi di Cosa Nostra diretti al di fuori dell'organizzazione - informazioni, intimidazioni, avvertimenti - mutano stile in funzione del risultato che si vuole ottenere. Si va dalla bomba al sorrisetto ironico accompagnato dalla frase: "Lei lavora troppo, fa male alla salute, dovrebbe riposare", oppure: "Lei fa un mestiere pericoloso; io, al suo posto, la scorta me la porterei pure al gabinetto" - due frasi che mi sono state rivolte direttamente. Le cartoline e lettere decorate con disegni di bare o con l'eventuale data di morte accanto a quella di nascita, e i pacchetti con proiettili sono riservati generalmente ai novellini, per sondare il terreno.
L'ANEDDOTO: Uno dei miei colleghi romani, nel 1980, va a trovare Frank Coppola, appena arrestato, e lo provoca: "Signor Coppola, che cosa è la mafia?". Il vecchio, che non era nato ieri, ci pensa su e poi ribatte: "Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell'appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia...".
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intervista a Miasi di G. BonarRIGO
Etichette: Io giornalista, Mafia, Sicilia ieri e oggi
1 Commenti:
I messaggi.
1985 (mi pare), convocato nell’ufficio dell’allora Direttore Regionale della MCTC., dopo che mi ha fatto stare tre ore dietro la porta, mi sentii dire:
“Da un punto A, ad un punto B, scorre il Grande Fiume, tutti gli altri punti C,D, E, F, ecc., sono solo affluenti del Grande Fiume. Adesso può anche andarsene e chiuda la porta”.
(ero troppo inconsapevole all'epoca per capire quella frase)
Il Giudice Falcone.
Quando andavo a Palermo per lavoro, per la strada che dovevo percorrere ero obbligato sia all’andata che al ritorno a passare davanti e dietro la casa del Giudice Falcone, e quando lo vedevo uscire o entrare a casa sua super-scortato solo perché combatteva la mafia, mi dicevo che nella vita avrei dovuto avere almeno un decimo della sua forza d’animo. Ricordo pure che negli uffici, la parola più pulita nei suoi confronti era “stronzo”, che mi ribolliva il sangue a sentire quei giovani lecca-natiche parlare in quei termini solo perché si sentivano un palmo più sopra in quanto erano dietro la scrivania.
Ricordo pure i commenti sarcastici all’indirizzo del Giudice Falcone quando gli misero la bomba in una borsa posta sul lato del mare della sua villetta, che quella volta venne scoperta per tempo. Nei giorni a seguire c’era sempre qualcuno che subito affermava che se l’era messa lui per protagonismo. Mi sorprese un paio di anni dopo una locale assonanza con il metodo di quelle delazioni, quando un politico di questa zona, tutt’ora sulla cresta, mi disse che lui pagava due pettegole che cominciando dall’inizio del paese una volta arrivate alla fine, avrebbero distrutto la reputazione di chiunque.
Ma, devo aggiungere infine, per quella che è la mia personale sensazione (avendo una piccola esperienza in trincea), che i “Falcone” sono una (grande) "figura" dello Stato, però forse ormai purtroppo scomparsa nel nostro Stato, tanto è vero che persino quando oggi mi trovo un magistrato davanti sono portato preventivamente a chiedermi se per caso anche lui non sia un “allineato”.
Di Adduso, Alle 18 aprile 2009 alle ore 21:46
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