VECCHI DURI, VECCHI IMPENITENTI, VECCHI... ABBANDONATI
RIFLESSIONE PER LA SETTIMANA
Una volta, quando da fanciullo siedevo accanto "a bracera" nelle serate d'inverno, e insieme ai miei nonni paterni guardavo la TV, tante cose erano differenti da adesso. Si, quanto scorre lenta eppur veloce questa nostra vita. Vita fatta di sogni di bambini, di compiti di scuola, di voti sulla pagella, di sorrisi d'estate e di ginocchia sbucciate, di regali scartati sotto l'albero, di lunedì di pasquetta trascorsi in campagna e, poi tutto d'un tratto di ricordi, di rimpianti amari per un caro perduto.
Una volta, come nelle belle favole raccontate dai nonni, certi valori avevano il loro peso. Gli anziani stessi erano una risorsa di cui non poter mai fare a meno anche se piccini. Mi nutrivo dei loro ricordi, dei loro ripetuti racconti e, anche se a volte mi annoiava il doverli riascoltare ancora e ancora, mai mi alzavo mentre il nonno recitava la sua storia, la sua poesia di vita.
Ma quanto tempo è passato, se oggi, siamo noi stessi degli uomini e donne maturi (o sposati) e quei vecchi non sono più fra noi? Adesso sarebbero i nostri padri e madri a voler raccontare la loro storia ai nostri nipoti, ai nostri figli. Ma dove sono i ragazzi? Non c'è più il vecchio braciere accanto al quale rannicchiarsi, ma più ancora manca quel rispetto e quel senso di appartenenza alla vecchia famiglia. Noi corriamo ogni giorno, inseguiti da noi stessi, dalle nostre cose, e guardiamo avanti. Ma non siamo migliori.
Oggi, i vecchi sono un peso di cui scaricarsi, e forse di loro ci interessa tutto tranne la loro esperienza. Domani, un lontano domani... saremo noi stessi vecchi, e allora? Che ne sarà di noi?
Mi rammarico di constatare che la sofferenza di certe famiglie non sfocia nella reciproca condivisione e reciproco aiuto. Forse, basterebbe allungare una mano. Condivisione fatta anche di piccole cose, forse anche di un pezzo di pane mangiato al tavolo di cena con quegli anziani caduti di moda e rifiutati. Quegli anziani a volte duri, retrogradi se vogliano, e per noi impenitenti.
No, non vuole essere mera retorica la mia, essa invece, vuole rappresentare una riflessione su quella grande "pianta" che è la famiglia, la famiglia patriarcale di cui i vecchi erano orgogliose e graditissime radici. Tante paure anche nei tempi passati hanno minato l'unione dei questi nuclei d'amore e di povertà, ma c'era un'arma data loro da Dio, il reciproco perdono. A volte certe fratture ideologiche sembrano insanabili. A tutto si può porre rimedio finchè la vita ci dona il suo alito di speranza. Io credo ancora in quei valori, forse sarò un retrogrado anch'io, certamente un peccatore impenitente anch'io, ma non "vedo" una Santa Pasqua senza vera condivisione in famiglia e con la famiglia. No, non quella che in siciliano su suole definire "facci lavata", la condivisione. La condivisione è solo quella che scaturisce dal cuore. Un regalo vale se fatto con il cuore, un'azione, una visita ad un anziano solo, vale se fatta con spirito di condivisione e senza scopo di lucro. Fanciullo nipote mio, ben tornato, siedi accanto "a bracera", sono tuo nonno che ti vuole bene!
Giovanni BonarRIGO
Una volta, quando da fanciullo siedevo accanto "a bracera" nelle serate d'inverno, e insieme ai miei nonni paterni guardavo la TV, tante cose erano differenti da adesso. Si, quanto scorre lenta eppur veloce questa nostra vita. Vita fatta di sogni di bambini, di compiti di scuola, di voti sulla pagella, di sorrisi d'estate e di ginocchia sbucciate, di regali scartati sotto l'albero, di lunedì di pasquetta trascorsi in campagna e, poi tutto d'un tratto di ricordi, di rimpianti amari per un caro perduto.
Una volta, come nelle belle favole raccontate dai nonni, certi valori avevano il loro peso. Gli anziani stessi erano una risorsa di cui non poter mai fare a meno anche se piccini. Mi nutrivo dei loro ricordi, dei loro ripetuti racconti e, anche se a volte mi annoiava il doverli riascoltare ancora e ancora, mai mi alzavo mentre il nonno recitava la sua storia, la sua poesia di vita.
Ma quanto tempo è passato, se oggi, siamo noi stessi degli uomini e donne maturi (o sposati) e quei vecchi non sono più fra noi? Adesso sarebbero i nostri padri e madri a voler raccontare la loro storia ai nostri nipoti, ai nostri figli. Ma dove sono i ragazzi? Non c'è più il vecchio braciere accanto al quale rannicchiarsi, ma più ancora manca quel rispetto e quel senso di appartenenza alla vecchia famiglia. Noi corriamo ogni giorno, inseguiti da noi stessi, dalle nostre cose, e guardiamo avanti. Ma non siamo migliori.
Oggi, i vecchi sono un peso di cui scaricarsi, e forse di loro ci interessa tutto tranne la loro esperienza. Domani, un lontano domani... saremo noi stessi vecchi, e allora? Che ne sarà di noi?
Mi rammarico di constatare che la sofferenza di certe famiglie non sfocia nella reciproca condivisione e reciproco aiuto. Forse, basterebbe allungare una mano. Condivisione fatta anche di piccole cose, forse anche di un pezzo di pane mangiato al tavolo di cena con quegli anziani caduti di moda e rifiutati. Quegli anziani a volte duri, retrogradi se vogliano, e per noi impenitenti.
No, non vuole essere mera retorica la mia, essa invece, vuole rappresentare una riflessione su quella grande "pianta" che è la famiglia, la famiglia patriarcale di cui i vecchi erano orgogliose e graditissime radici. Tante paure anche nei tempi passati hanno minato l'unione dei questi nuclei d'amore e di povertà, ma c'era un'arma data loro da Dio, il reciproco perdono. A volte certe fratture ideologiche sembrano insanabili. A tutto si può porre rimedio finchè la vita ci dona il suo alito di speranza. Io credo ancora in quei valori, forse sarò un retrogrado anch'io, certamente un peccatore impenitente anch'io, ma non "vedo" una Santa Pasqua senza vera condivisione in famiglia e con la famiglia. No, non quella che in siciliano su suole definire "facci lavata", la condivisione. La condivisione è solo quella che scaturisce dal cuore. Un regalo vale se fatto con il cuore, un'azione, una visita ad un anziano solo, vale se fatta con spirito di condivisione e senza scopo di lucro. Fanciullo nipote mio, ben tornato, siedi accanto "a bracera", sono tuo nonno che ti vuole bene!
Giovanni BonarRIGO
Etichette: Religione, Riflessioni della Domenica
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page