Il FICODINDIA di Sicilia
Oggi Vi voglio parlare di qualcosa di (apparentemente) meno impegnativo. Niente politica nè religione, niente arte e artisti nè Banca del Tempo nè Formula Uno, ma semplicemente un "frutto di Sicilia"... il FOCODINDIA. Un frutto che ricorda il siciliano VERO, lo zappatore della terra, colui che dietro una scorza apparentemente rude e spinosa (con quella coppola e quel gilè e con quei grandi baffi), nasconde gelosamente un cuore tenero, dolce e generoso. Il siciliano VERO, colui che tutto da senza nulla tenere per se. Un pane, una "panìa" di "ficasicchi", un "panàru ì minèstra", e salutandoti... ti augura buona salute.
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Sotto la scorza spinosa, una polpa dolce e succulenta. Giallo sulfarino, rosso sanguigno, bianco muscareddu: quale che sia il suo colore, il ficodindia è uno dei regali più preziosi della nostra terra, di cui costituisce uno degli irrinunciabili simboli iconografici. Un legame sancito anche dalla acquisizione del marchio DOP.
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Introdotto in Sicilia dagli spagnoli alla fine del XVI secolo, il ficodindia, si è diffuso rapidamente in tutta l'isola, diventando in breve tempo un elemento essenziale del suo paesaggio. Ha bisogno di poco per crescere: basta un quadratino di terra. Se vi piace, prendetene una "pala" (che in siciliano vengono comunemente dette "ficaràzzi"), da qualche parte e piantatela. Poca acqua - gli è sufficiente la pioggia - e neanche concime. Basta aspettare il periodo per coglierne i deliziosi frutti.Cresce dovunque, anche sulla terra bruciata dalla lava, come avviene sull'Etna. Oggi, la Sicilia è il secondo produttore mondiale di ficodindia, dopo il Messico, con una produzione di circa 700mila quintali. Il successo della sua commercializzazione passa anche per l'uso delle macchine despinsatrici, che permettono di offrire al consumatore un prodotto senza spine e, quindi, più facile da maneggiare. Una leggenda narra che proprio per uno "sgarbo", nel 1884, un contadino di Capaci (vicino Palermo, tristemente famoso per la strage del giudice Falcone e della sua scorta), un contadino dicevo, scoprì casualmente i vantaggi della scozzolatura: volendo fare un dispetto al vicino, fece cadere i fiori dalle "pale", credendo di arrestarne la fruttificazione. Invece, dopo qualche tempo, i frutti spuntarono più grossi e più dolci. Erano nati i "bastadduni". Le diverse parti della pinta vengono utilizzate dall'industria (per coloranti, mucillagini, pectine, concimi organici, biogas).
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I frutti sono di tre varietà, e si differenziano per il colore e leggermente per il gusto: la Gialla detta Sulfarina, che è quella più profumata; la Rossa o Sanguigna, più croccante; e la Bianca, Muscartedda, che da alcuni è considerata leggermente più dolce. due sono i periodi di raccolta del frutto: agosto e ottobre.
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