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domenica 2 gennaio 2011

ITALIA. Nel discorso di GIORGIO NAPOLITANO, un sentore di allarme sul futuro dei giovani

Il mio primo giorno di scuola, lo ricordo ancora, c'era affissa (dietro la cattedra della maestra), la foto incorniciata di Giovanni Leone. Da allora i Presidenti della Repubblica italiana se ne sono succeduti diversi: dall'ex prigioniero partigiano e amico dei giovani Sandro Pertini (eletto con la più alta maggioranza di voti, 832 su 995), a Francesco Cossiga (il picconatore), a Oscar Luigi Scalfaro, colui che affermava "io non ci stò" a Carlo Azeglio Ciampi il saggio, fino all'attuale Giorgio Napolitano.
L'altra sera, come molti spero, (ma pare che proprio i giovani non lo abbiano ascoltato), ho seguito con attenzione il discorso di fine d'anno del Capo dello Stato. Pare che, questo discorso, oltre a sorprendere me, abbia fatto saltare sulla sedia più di un politico. Tranne poi minimizzare o ammorbidire il dramma paventato da Napolitano tramite mass media. Ebbene, come il buon Sandro Pertini, ma forse con maggiore preoccupazione, il Presidente della Repubblica ha parlato di giovani, di investimenti assolutamente necessari per lo sviluppo del nostro Paese, passando dalla ricerca alla Università fino alla occupazione vero dramma di una generazione che, senza prospettive porterà la nazione al disastro. Ha usato toni forti Napolitano, parole che si possono ricollegare, lo ricordiamo, a fatti forse inascoltati o mortificati o colpevolizzati ad arte, (prendiamo le diastanze da taluni balordi), verificatisi negli ultimi due anni a più riprese in quasi tutte le città d'Italia. Sto parlando delle cosidette "rivolte universitarie" contro la riforma (oggi definitivamente Legge dello Stato italiano) Gelmini. Una riforma che, checchè se ne dica, ha praticato tagli importanti al futuro dei giovani, addolcendo -se così può dirsi- la pillola, con mini regole pro meritocrazia.
Dicevo prima, proprio i giovani, destinatari del discorso del Capo dello Stato, hanno preferito godersi il Natale. Forse sfiduciati da tante chiacchere della politica, forse, semplicemente impegnati a faccende più giornaliere.

Ebbene? Questo 2010 appena trascorso, per cosa sarà ricordato? Certamente per la scomparsa di due grandi artisti della televisione, quali Raimondo Vianello, venuto a mancare il 15 aprile e la moglie Sandra Mondaini, indivisibile compagna di vita, che lo ha raggiunto (speriamo in paradiso), lo scorso 23 settembre. Tornando a parlare di Presidenti della Repubblica ricordiamo la scomparsa del "picconatore" sardo, nonchè Senatore a vita Francesco Cossiga. Per gli amanti del grande calcio, questo 2010 non sarà facile da dimenticare, vista la magra figura rimediata dalla Nazionale di Lippi nel Mondiale del Sudafrica. Una squadra che metteva in palio un titolo di Campione in carica (conquistato con lo stesso Lippi quattro anni fa), e che invece ha fatto i bagagli molto presto.
Nel gossip, quest'anno ha dato pane a molti giornalisti: il caso "Ruby" è solo la punta dell'icesberg di una lunga serie, ma certamente evidentissimo su molti altri, dato il coinvolgimento diretto del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La marocchina "Ruby", pare che sia stata adocchiata dal Premier proprio in Sicilia, in uno spettacolo di paese dove il cavaliere era spettatore assieme al fido Emilio Fede.
Il 21 dicembre è scomparso un personaggio storico del calcio, tale Enzo Bearzot, figura spesso associata al grande amico Pertini, non fosse altro che per quel mondiale vinto nell'ormai lontano 1992, dove il primo dirigeva la squadra ed il secondo, allora Capo dello Stato, esultava dagli spalti nella finale.
In un anno di crisi, nella quale vogliamo ricordare i cassintegrati di Termini imerese, in un 2010 di allarme frane soprattutto al sud e allagamenti per straripamento di fiumi al nord, a fare la parte del leone è stata la solidarietà -ancora una volta- della gente cosiddetta comune. Dispiace semmai, che casi come quello di Avetrana, dove, (come il mondo intero ha potuto apprendere, un giovanissima ragazza, Sara, è stata brutalmente uccisa e poi buttata in un pozzo), sia stato non solo enormemente strumentalizzato da TG, stampa e internet, ma che da taluni balordi, sia stato attenzionato come meta di gita turistica, per giungere -udite udite- al "tocco del cancello".

Ma, concludendo, voglio tornare al discorso iniziale di Giorgio Napolitano. Io dico: è un vero crimine, che non il Presidente del Consiglio, ma il Capo dello Stato, abbia così pochi poteri, da doversi limitare a "indicare i problemi" o rinviare una legge alle camere la sola prima volta. E' un crimine, che la politica attacchi e sia riattaccata per pur meri fini di potere e non per l'unico fine nobile che è, ed è sempre stato il buon governo della cosa pubblica nel rispetto vero delle fasce più deboli e, mi ripeto, dei giovani e del loro futuro. Futuro che è indissolubilmente legato a quello della Nazione.





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